La tradizione che ha formato le convenzioni e le regole della scrittura di sé rileva nel tempo un’assenza femminile, o piuttosto un’esclusione, che ha condannato molte opere di donne all’oblio, perché giudicate non rispondenti al paradigma e ai requisiti dell’autobiografia maschile. Ma cosa accade quando a queste esclusioni o assenze viene ridata visibilità e le donne iniziano a occupare ampie porzioni della produzione autobiografica, letteraria e non? La scrittura di sé si rivela come luogo non neutrale nel quale irrompe una diversità che costringe a una riflessione critica sui significati, le intenzioni e le regole del racconto autobiografico: i desideri che lo muovono, le configurazioni del tempo, i problemi del linguaggio, le priorità narrative, la ricerca di sé del soggetto che scrive e il suo formarsi molteplice.
Queste nuove presenze di donne non propongono però una logica binaria od oppositiva al maschile, prospettano piuttosto una differenza che apre ad altre differenze: quelle che attraversano e continuamente ridefiniscono gli stessi soggetti femminili e permettono una conquista di consapevolezza e nuova libertà che consente anche agli uomini di raccontarsi nella loro molteplicità di genere. La scrittura autobiografica sviluppa allora le proprie valenze educative, di autoformazione, confronto tra i generi e le generazioni, nella continuità e discontinuità che le caratterizza.